Scuola-Famiglia-Tutor: fare Rete per il successo educativo

« Da soli possiamo fare così poco; insieme possiamo fare così tanto. »

Helen Keller

Come affermato da SilviaTabarelli: «Il termine rete, o network, di uso frequente in campo socio-educativo e socio-assistenziale, indica un insieme di soggetti ( il Comune o un altro ente locale, la scuola, un’associazione, la parrocchia, la cooperativa per i servizi educativi ecc…) che decidono di mettere in condivisione “risorse materiali e immateriali” […] per affrontare il comune problema dell’educazione e della formazione dei bambini e dei ragazzi di una comunità ».

rete scuola famiglia
Rete Scuola-Famiglia-Tutor

Chi è coinvolto nella rete?

La rete deve essere capace di accogliere e coinvolgere tutti; di essere un “posto” dove tutti, compreso il cosiddetto utente, possano collaborare e agire attivamente per il raggiungimento dell’obiettivo finale; deve essere capace di far leva su tutte le risorse presenti sul territorio: devono essere coinvolte diverse scuole e, all’interno di queste, i diversi professionisti e le diverse risorse, di cui queste dispongono.

In particolare, nella vita quotidiana del ragazzo con Bisogni Educativi Speciali, è importante che si crei una cornice relazionale tra le figure presenti nella sua vita, quali gli insegnanti, il gruppo classe, i genitori, il tutor, gli operatori clinici, per dar vita ad un’alleanza educativa e a una comunicazione costante tra l’alunno e le diverse figure e tra la scuola e i Servizi Territoriali, con lo scopo di condividere la responsabilità nel percorso di crescita dello studente e le strategie da adottare.

La Scuola: fulcro intorno a cui ruotano gli attori coinvolti

Nella vita, in particolare, dello studente con Bisogni Educativi Speciali, la scuola riveste un ruolo chiave: può potenziarne e valorizzarne gli stili di apprendimento; di contro, può diventare un ambiente sfavorevole e poco incline ad accoglierlo e a comprenderne i punti di forza, compromettendone il “rapporto” con il disturbo e le sue difficoltà e favorendo la nascita di problemi motivazionali e comportamentali.

È la scuola ad avere un ruolo fondamentale nel riconoscimento dei più diversificati Bisogni Educativi Speciali, nel trovare una prima risposta, adeguata a quello specifico studente, e nel rendere positiva la sua esperienza scolastica. L’insegnante deve porsi, prima di tutto, come educatore e, in quanto tale, permettere allo studente di esprimere se stesso al meglio, di maturare la propria autonomia nello studio; è vantaggioso che lo studente con BES si senta accolto e compreso dall’insegnante, non costretto a vivere situazioni di frustrazione da un docente non capace di ripensare la propria professione, di ridefinire il proprio ruolo e la propria figura, di aggiornarsi e di riconoscere i propri limiti.

E’ compito dell’insegnante far crescere nello studente il piacere di apprendere e di conoscere e aiutarlo a “modellare” un proprio metodo di studio, spronandolo a sperimentare strategie di apprendimento diverse e a mettere in gioco la propria creatività, inventiva, motivazione e stima di sé.

rete scuola famiglia
Rete Scuola-Famiglia-Tutor

Lo studente, in particolare quello con BES, deve dunque sentire la scuola come luogo di cooperazione, accettazione, rispetto e sostegno reciproco (l’insegnante deve creare nella propria classe un clima sereno e una buona relazione, mai giudicante, nel gruppo classe).

Il Tutor dell’apprendimento: un ponte tra scuola e famiglia

L’individuo ha bisogno di essere sostenuto nei processi di apprendimento, in particolare in situazioni di fragilità e Disturbi Specifici dell’Apprendimento, da qui l’importanza del ruolo del tutor dell’apprendimento. Si tratta di una figura qualificata in materia di Bisogni Educativi Speciali, dotata di una conoscenza di come la mente apprenda, delle strategie di studio e delle metodologie più funzionali e della capacità di valutare le caratteristiche e le potenzialità dello studente per progettare un percorso ad personam; egli svolge il ruolo di accompagnatore in un processo di apprendimento, che presenta delle difficoltà e degli ostacoli. Il tutor, infatti, si pone al fianco dello studente nell’affrontare le sfide a cui la scuola lo sottopone, lo supporta nell’uso degli strumenti compensativi e dispensativi, lo aiuta a modellarli su di sé e favorisce lo sviluppo di strategie di studio personali.

E’ importante, dunque, che si instauri un rapporto fatto di rispetto, comprensione empatica, accettazione dell’altro, fiducia e comunicazione reciproca che generi nello studente un maggiore coinvolgimento emotivo e interesse e che renda il tutor un interlocutore rassicurante, verso cui lo studente senta la libertà di parola e di raccontarsi senza imbarazzo né giudizio.

Il tutor si pone, d’altronde, come figura ponte tra scuola e famiglia, con l’obiettivo di “facilitare” il dialogo e la collaborazione tra le parti; deve favorire la condivisione di conoscenze e dubbi sul ragazzo e la comprensione dei punti di forza e di debolezza di quest’ultimo per impostare gli strumenti e le strategie a “sua misura”; deve rendere partecipe la scuola delle difficoltà e delle necessità, esternate dallo studente per condividere tutti il compito di aiutare il ragazzo a maneggiare gli strumenti e a raggiungere una maggiore autonomia e fiducia nelle proprie capacità.

Quello del tutor, quindi, è un intervento, che partendo dal rendimento scolastico, può determinare anche miglioramenti nelle condotte sociali e nelle abilità socio-relazionali e può prevenire alcune conseguenze negative, spesso legate agli ostacoli incontrati durante la fase di crescita e di formazione.

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Credits: APS Un Tutor per Amico

La Famiglia: la necessità di un aiuto consapevole

Il termine educare significa “coltivare, far crescere”: ruolo dei genitori è creare le condizioni per la crescita del ragazzo e permettergli di sperimentare lo studio, la scuola e l’apprendimento in autonomia, ponendosi sempre come un luogo, nel quale i figli sentano di poter trovare sicurezza.

Frequentemente il percorso di comprensione e “accettazione” del Disturbo Specifico dell’Apprendimento da parte del genitore e, quindi, di una maggiore difficoltà che il proprio figlio potrebbe trovarsi a vivere, soprattutto in ambito scolastico, può essere complesso e difficile. La famiglia va, perciò, informata in maniera chiara sul disturbo, su cosa realmente significhi, sui possibili interventi da attuare e su ciò che lei stessa può fare; va supportata e affiancata nell’attività di aiuto e guida nei confronti del ragazzo (a riguardo possono essere molto utili momenti di ascolto, condivisione e confronto con altri genitori in situazioni simili e con esperti); va aiutata nel riconoscere le reali difficoltà e punti di forza del figlio, nell’essere onesta con quest’ultimo sulla propria “caratteristica”  e su come valorizzarlo nella sua interezza.

Come sottolineato dalle Linee Guida del 2011 della Legge 170/2010 deve essere  la famiglia ad attivare, di propria iniziativa o su consiglio di terzi, l’iter di valutazione del figlio/a e a consegnare la certificazione alla scuola; spesso però questo momento di “riconoscimento” di un disturbo può, addirittura, generare scontri tra famiglia e insegnanti, malintesi e incomprensioni, che ricadono sull’alunno e che non fanno altro che aggravare le sue difficoltà, il suo sentirsi incompreso dagli altri, ma anche il suo non riuscire, realmente, a comprendere se stesso e il motivo di un impegno e di uno sforzo che non “producono” risultati positivi.

Per il ragazzo è quindi fondamentale una vicinanza e un aiuto consapevole da parte dei propri genitori: spesso questi, per il bene del figlio, possono assumere una posizione assistenzialistica, sostituendosi a lui nello svolgimento dei compiti assegnati e rafforzando, in questo modo, in lui la sfiducia in se stesso, il rifiuto verso la scuola o, addirittura, una dipendenza nei confronti dell’adulto; possono anche mettere in pratica altre soluzioni, che però, in quanto non adeguate o, addirittura, dannose, non producono risultati positivi, aumentando solo il senso di frustrazione e di colpa ora nel ragazzo ora nei genitori, con ripercussioni gravi anche sulla loro relazione familiare.

rete scuola famiglia
Rete Scuola-Famiglia-Tutor

Rete Scuola-Famiglia-Tutor: In conclusione…

Sono state qui analizzate solo alcune delle figure che circondano lo studente e che favoriscono, in collaborazione e dialogo tra loro, il raggiungimento di un successo e benessere formativo.

Va ricordato che, affinché nasca tale alleanza educativa, è necessario che si costruisca nel tempo una reciproca fiducia e un rapporto tale da muoversi tutti verso la stessa direzione; di ciò ne beneficeranno sia il ragazzo, in quanto si sentirà compreso e sostenuto, sia i genitori, che acquisteranno ottimismo, tenacia e si sentiranno, anche loro stessi, sostenuti e non più ignari della realtà e, soprattutto, un aiuto valido e consapevole per i propri figli.

Per maggiori approfondimenti, bibliografia:

I BES. Come e cosa fare. Conoscere per intervenire. Guida operativa per insegnanti e dirigenti, di R. Ciambrone, G. Fusacchia.

Reti contro la dispersione scolastica. I cantieri del possibile, a cura di M. Rossi-Doria, S. Tabarelli.

Dislessia e altri DSA a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti, a cura di C. Tencati.

Come leggere la dislessia e i DSA. Conoscere per intervenire, a cura di L. Grandi, G. Stella.

Il manuale per i tutor dell’apprendimento. Scritto dai tutor per i tutor, a cura di E. Rialti.

Un Tutor per amico APS: Chi siamo

L’Associazione Un Tutor per Amico APS nasce nel 2018 perseguendo finalità di promozione sociale e realizzando interventi di assistenza educativa, rieducativa, socio-sanitaria, formazione e divulgazione sui problemi inerenti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), Bisogni Educativi Speciali (BES). Inoltre, si occupa di problematiche riferite ai bambini, giovani, famiglia e scuola, offrendo diffusione e informazione scientifica, divulgativa, operativa e logistica sulle relative problematiche ed interventi e occupandosi di formazione per il personale della scuola.

L’Associazione ha ricevuto il Patrocinio Morale dalla Fondazione Cannavaro-Ferrara, già impegnata in progetti sociali volti a contrastare le diverse forme di disagio infantile e giovanile della città e della provincia di Napoli. Ambiti di intervento: educazione, formazione al lavoro, sport, aggregazione, salute.

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Comprendere la dispersione scolastica: analisi e dati su un problema ancora troppo ignorato

L’attuale emergenza covid ha riacceso i riflettori su un tema delicato e un’emergenza educativa ancora troppo frequente, ossia la dispersione scolastica, argomento che chi scrive ha già affrontato nella propria tesi di laurea, per cui saranno riportate alcune riflessioni già affrontate in sede di laurea.

La dispersione scolastica costituisce un fenomeno assai complesso e articolato, che si potrebbe definire come l’insieme dei fattori che deviano il regolare svolgimento del percorso scolastico e per contrastare il quale è necessario comprenderne le cause e il reale significato.

«La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde.»

Don Lorenzo Milani

Cos’è la dispersione scolastica?

La risposta dell’UNESCO (1972)

“Tutti i fenomeni che comportano sia un rallentamento che una interruzione del percorso formativo di studio prima del raggiungimento del titolo di studio interno ai vari cicli scolastici”.

La risposta del MIUR (2002)

“ […] La combinazione tra etimologia e significato porta ad evocare con il termine dispersione la dissipazione di intelligenze, di risorse, di potenzialità dei giovani”.

In generale, la complessa e sfaccettata definizione di dispersione scolastica, nella quale si può distinguere tra dispersioni palesi e dispersioni occulte o sommerse, ossia relative a situazioni in cui gli studenti non raggiungono una preparazione adeguata, pur portando a termine il loro ciclo scolastico, racchiude in sé:

  • l’effettivo abbandono scolastico, ossia l’interruzione degli studi, mai comunicata alla scuola, e il non conseguimento del titolo di studi da parte di giovani non più in età d’obbligo scolastico;
  • l’evasione scolastica primaria, minori mai iscritti o mai frequentanti la scuola dell’obbligo;
  • l’evasione scolastica secondaria, minori che interrompono la scuola prima del 16esimo anno;
  • situazioni che determinano un prolungamento del regolare corso di studi, quali bocciature, ritardi, ripetizioni, trasferimenti, debiti formativi;
  • il non raggiungimento degli standard disciplinari e tutte quelle situazioni che influenzano negativamente la vita scolastica dello studente, come la bassa motivazione e la mancata percezione di un futuro soddisfacente, il non rispetto degli insegnanti e delle regole della comune convivenza in classe, la non partecipazione alla vita del gruppo classe;
  • la funzione di selezione che, consapevolmente o meno, la scuola svolge a danno degli studenti, creando una disuguaglianza di ingresso e di opportunità tra abbienti e meno abbienti.

Cause e fattori di rischio

Di fronte al fenomeno della dispersione scolastica, non è infrequente che le colpe siano fatte ricadere solo sul soggetto che “si disperde”; in effetti, lo stesso termine, ormai comunemente usato per descrivere tale fenomeno, sposta l’attenzione dalla scuola, e dall’interno di questa, verso ciò che è all’infuori della scuola, ossia sul disperso e su ciò che lo riguarda. Dinanzi a un fenomeno così complesso e dalle tante sfaccettature, però, le cause vanno in realtà rintracciate sia all’esterno sia all’interno della scuola. Si possono, pertanto, individuare diverse aree di fattori di rischio, che intrecciandosi tra loro possono portare alla dispersione.

Area socio-familiare

La famiglia, in particolare nel caso di mancanza di mezzi economici, di povertà culturale e di “bassi” livelli d’istruzione, e l’ambiente di provenienza rappresentano un fattore di rischio, in quanto elementi che potrebbero sia ridurre le opportunità, i mezzi e le risorse che “allevierebbero” le fatiche scolastiche sia nutrire nel soggetto basse aspettative nei confronti del percorso scolastico e del proprio futuro e, di conseguenza, una minore motivazione nello studio. Situazioni economiche svantaggiate potrebbero alimentare nello studente anche una maggiore pressione a diventare indipendente il prima possibile. Inoltre anche alcuni atteggiamenti educativi “estremi” dei genitori, da comportamenti fortemente autoritari a eccessivamente permissivi fino a un atteggiamento svalutativo, potrebbero essere causa di frustrazioni, senso di inferiorità, aggressività.

Quest’area comprende anche la scuola sia con la sua organizzazione e struttura (ad esempio le aule numerose possono determinare una minore attenzione del docente nei confronti dei propri alunni, inficiandone la performance scolastica) sia con il suo metodo di insegnamento, ancora troppo tradizionale, che non riesce ad affascinare lo studente e a smuoverne interesse e curiosità.

E’ da considerare spesso un vero e proprio pericolo anche una formazione degli insegnanti ancora troppo legata alle mere conoscenze, un atteggiamento di chiusura, di non coinvolgimento nella vita della classe e poco supportivo da parte del docente nei confronti del discente, una mancanza di comunicazione tra alunno e insegnante e l’incapacità di suscitare interesse e motivazione negli studenti, a sua volta legata alla motivazione e soddisfazione degli stessi insegnanti. Un insegnante soddisfatto crea, infatti, una relazione più affettiva ed emotiva con i propri alunni e produce una classe più armoniosa, interattiva e produttiva.

Area socio-pedagogica

Altro fattore di rischio riguarda la capacità dell’alunno di raggiungere determinati standard disciplinari e di affrontare lo scarso rendimento scolastico, i mancati progressi, i rimproveri di insegnanti e genitori per essere “cattivi e pigri” studenti.

Area fisiologica e psicopatologica-individuale

L’insuccesso e l’abbandono scolastico possono essere facilitati sia da fattori individuali, come il malessere, l’ansia, la noia, la bassa autostima, la capacità di gestire le frustrazioni, le proprie aspettative di successo o fallimento e la sensazione di sentirsi abbandonati e non accettati, sia da variabili biologiche e neurofisiologiche, ossia l’iperattività, la disabilità, i bisogni educativi speciali e i disturbi specifici dell’apprendimento.

Dispersione scolastica e Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Nell’ambiente scolastico, per gli studenti con DSA, in particolare non certificati o riconosciuti troppo tardi, non è infrequente andare incontro alle diverse situazioni racchiuse nell’espressione dispersione scolastica. Va, però, precisato che, pur dovendo fronteggiare spesso difficoltà e ostacoli maggiori, non è il disturbo in sé a rappresentare un fattore di rischio, quanto il modo in cui il soggetto vive, soprattutto a scuola e in famiglia, il disturbo e il ritardo nel riconoscimento dello stesso. Lo studio, mnemonico e tradizionale, le richieste ambientali, la non comprensione da parte delle figure di riferimento e la percezione di essere soli sottopongono lo studente con DSA a uno sforzo e a una fatica maggiori, spesso non ricompensati da buoni risultati scolastici e che possono, perciò, far nascere in lui un senso di frustrazione e demotivazione, un’immagine negativa di sé, che può portarlo addirittura alla forma più estrema di dispersione, l’abbandono scolastico.

Dati sull’abbandono scolastico

Tra i diversi significati del termine dispersione, più facilmente quantificabile è quello di abbandono scolastico, del quale i dati più recenti in nostro possesso sono quelli pubblicati nel Luglio del 2019 dal MIUR e riguardanti l’anno scolastico 2016/2017 e il passaggio all’anno scolastico 2017/2018, secondo i quali dei circa 1.703.000 alunni, frequentanti la scuola secondaria di I grado, 11.830 studenti, ossia lo 0,69%, hanno abbandonato questo grado, mentre 8.130 studenti hanno abbandonato nel passaggio dalla scuola secondaria di I grado a quella di II grado. L’abbandono interessa, in particolare, gli studenti maschi, ossia l’1,61%, e provenienti dalle Isole, l’1,75%, dal Nord Est, l’1,47% e dal Sud, l’1,44% (la Campania al 2,0%).

Giunti alla scuola secondaria di II grado, l’abbandono è pari al 6,2% al primo anno di corso e durante il passaggio al secondo anno, mentre ruota intorno al 3,7% negli anni successivi, scendendo fino allo 0,9% per gli alunni del V anno. Anche in questo caso, l’abbandono riguarda principalmente gli studenti maschi, con il 7,4%, delle Isole, con il 4,7%, e del Meridione, con il 3,9% (con la Campania al 4,4%).

CLICCA QUI PER TUTTI I DATI DEL MIUR

A guardare i numeri, riguardanti il 2016/2017, viene da chiedersi come la situazione si sia evoluta negli anni successivi e, in particolare, quali siano le conseguenze dell’emergenza covid sul tema, in tutte le sue sfaccettature. Riguardo a ciò, una prima fotografia ci è stata fornita, alla fine dell’aprile scorso, dal Censis:

“Nel complesso, solo l’11,2% dei dirigenti dichiara che, al momento della rilevazione, tutti gli studenti erano coinvolti in attività didattiche a distanza, con minime differenziazioni a livello territoriale, tranne nelle scuole del Nord-Ovest dove il corrispondente valore scende al 9,5%”.

Strategie e prevenzione

Sulla carta, molte sono le misure, volte a contrastare la dispersione scolastica, adottate, nel corso degli ultimi anni, dal MIUR (la predisposizione di POF, il passaggio da una scuola all’altra, il moltiplicarsi di agenzie volte al benessere scolastico e al monitoraggio dell’obbligo scolastico). Nella pratica, però, la frammentazione degli interventi, la mancanza di mezzi finanziari e di collaborazione sul territorio e la “mancata” volontà di alcuni docenti hanno reso poco efficaci tali interventi, volti a ridurre o evitare i segnali di rischio.

E’ fondamentale che l’ambiente scolastico, sereno e armonico, sia capace di stimolare e alimentare gli interessi e il desiderio di imparare dello studente e la sua crescita emotiva e creativa, aiutandolo a comprendere come le conoscenze scolastiche possano essere utilizzate nella vita all’esterno.

E’ fondamentale che la scuola sia un luogo di accettazione, di cura e di comunicazione, dove tutti gli alunni si sentano ascoltati, compresi, partecipi e aiutati nella scoperta del metodo di studio, più adatto ai loro stili di apprendimento, tempi e abilità.

Nello specifico degli studenti con DSA, sono fondamentali un’individuazione precoce e l’uso di strumenti compensativi e dispensativi, per mettere lo studente sullo stesso piano dei propri compagni e garantirgli il diritto allo studio, a uno studio sereno e “piacevole”, e pari opportunità nella scuola e nel vita post-scuola.

Bisogna ribaltare la didattica tradizionale, nella quale è lo studente ad adattarsi alla scuola, per giungere a una scuola che si adatti alle caratteristiche individuali degli studenti e che metta ognuno di loro in condizioni favorevoli all’apprendimento. Bisogna costruire una scuola a misura del giovane, nel rispetto delle diversità individuali, una scuola che metta al centro gli alunni e si domandi come insegnare piuttosto che cosa insegnare.

Per maggiori approfondimenti:

Volti della dispersione scolastica e formativa. Un’indagine in Provincia di Forlì-Cesena, a cura di P. Zurla.

Rischio di dispersione scolastica e disagio socio-educativo. Strategie e strumenti di intervento in classe, a cura di M. Pellerone.

Dispersione scolastica e disagio sociale. Criticità del contesto educativo e buone prassi preventive, a cura di R. Fadda, E. Mangiaracina.

Reti contro la dispersione scolastica. I cantieri del possibile, a cura di M. Rossi-Doria, S. Tabarelli.

Un Tutor per amico APS: Chi siamo

L’Associazione Un Tutor per Amico APS nasce nel 2018 perseguendo finalità di promozione sociale e realizzando interventi di assistenza educativa, rieducativa, socio-sanitaria, formazione e divulgazione sui problemi inerenti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), Bisogni Educativi Speciali (BES). Inoltre, si occupa di problematiche riferite ai bambini, giovani, famiglia e scuola, offrendo diffusione e informazione scientifica, divulgativa, operativa e logistica sulle relative problematiche ed interventi e occupandosi di formazione per il personale della scuola.

L’Associazione ha ricevuto il Patrocinio Morale dalla Fondazione Cannavaro-Ferrara, già impegnata in progetti sociali volti a contrastare le diverse forme di disagio infantile e giovanile della città e della provincia di Napoli. Ambiti di intervento: educazione, formazione al lavoro, sport, aggregazione, salute.

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